Classificazione delle risorse geotermiche

Quelle che seguono sono alcune delle definizioni e classificazioni più comuni delle risorse geotermiche.
Quando si parla genericamente di risorse geotermiche, di solito ci si riferisce a quelle che più precisamente dovrebbero essere chiamate risorse di base accessibili, intendendo con questo termine tutta l’energia termica contenuta tra la superficie terrestre ed una determinata profondità, in un’area definita e misurata partendo dalla temperatura media annua locale (Muffler e Cataldi, 1978). Le risorse di base accessibili comprendono le risorse di base accessibili utili (= Risorse) – quella parte delle risorse di base accessibili che potrebbe essere estratta, economicamente in accordo con la legislazione locale, entro un periodo di tempo definito (meno di 100 anni). Questa categoria comprende le risorse economiche individuate  (= Riserve) – quella parte delle risorse di una determinata area, che può essere estratta legalmente ad un costo competitivo con altre fonti commerciali di energia e che è stata confermata da perforazioni o dai risultati dell’esplorazione geologica, geochimica e geofisica. La Figura 6 spiega graficamente questi termini ed altri, che possono essere usati dagli esperti geotermici.

Figura 6: Diagramma con le diverse categorie di risorse geotermiche (da Muffler e Cataldi, 1978).  L’asse verticale indica il grado di fattibilità economica; l’asse orizzontale il grado di sicurezza geologica.

 Il più comune criterio di classificazione delle risorse geotermiche si basa sull’entalpia dei fluidi, che trasferiscono il calore dalle rocce calde profonde alla superficie. L’entalpia, che può essere considerata più o meno proporzionale alla temperatura, è usata per esprimere il contenuto termico (energia termica) dei fluidi, e dà un’idea approssimativa del loro “valore”. Le risorse sono divise in risorse a bassa, media ed alta entalpia (o temperatura), secondo diversi criteri (Tabella 4).  Muffler e Cataldi (1978) usano la classificazione (a) della Tabella 4. Altri esperti preferiscono la classificazione (b), come Hochstein (1990), o (c), come Benderitter e Cormy (1990). Nicholson (1993) suggerisce la classificazione (d), che fa una distinzione di massima tra le risorse più adatte alla generazione di elettricità (alta entalpia) e quelle più adatte all’uso diretto del calore (bassa entalpia). Quando si parla di fluidi geotermici è bene, comunque, indicare la loro temperatura, o almeno un intervallo di temperatura, perché i termini bassa, media o alta possono avere significati diversi e creare errori di interpretazione.

Tabella 4

Classificazione delle risorse geotermiche in base alla temperatura (°C)

(a)

(b)

(c)

(d)

Risorse a bassa entalpia

<90

<125

<100

≤150

Risorse a media entalpia

90-150

125-225

100-200

*

Risorse ad alta entalpia

>150

>225

>200

>150

a)     Muffler e Cataldi, 1978

b)    Hochstein, 1990

c)     Benderitter e Cormy, 1990

d)    Nicholson, 1993

Frequentemente viene fatta una suddivisione tra sistemi geotermici ad acqua dominante e sistemi geotermici a vapore dominante (o a vapore secco) (White, 1973). Nei sistemi ad acqua dominante, l’acqua liquida è la fase continua, che controlla la pressione. Vapore può essere presente, in forma di bolle. Questi sistemi geotermici, la cui temperatura può andare da ‹125° a ›225°C, sono i più diffusi nel mondo. Essi possono produrre, in funzione dalla loro temperatura e pressione, acqua calda, una miscela di acqua e vapore, vapore umido e, in alcuni casi, vapore secco. Nei sistemi a vapore dominante normalmente coesistono nel serbatoio acqua liquida e vapore, che è la fase continua e controlla la pressione. Sono sistemi ad alta temperatura e normalmente producono vapore secco o surriscaldato. I sistemi geotermici di questo tipo sono piuttosto rari; i più conosciuti sono Larderello in Italia e The Geysers in California.
I termini vapore umido, vapore secco e vapore surriscaldato , usati frequentemente,richiedono una spiegazione per i lettori non ingegneri. Per fare le cose semplici, prendiamo l’esempio di un recipiente riempito con acqua (liquida), che possa essere mantenuto alla pressione costante di 1 atm (101,3 kPa). Se riscaldiamo l’acqua, essa comincerà a bollire una volta raggiunti i 100°C (temperatura di ebollizione alla pressione di 1 atm), passando dalla fase liquida a quella gassosa (vapore). Dopo un certo tempo il recipiente conterrà sia liquido, che vapore. Il vapore che coesiste con il liquido, in equilibrio termodinamico con esso, è vapore umido. Se continueremo a riscaldare il recipiente, mantenendo costante la pressione di 1 atm, il liquido evaporerà totalmente ed il recipiente conterrà soltanto vapore. Questo è vapore secco. Sia il vapore umido che il vapore secco prendono il nome di vapore saturo. Infine, se si aumenta la temperatura sino, per esempio, a 120°C, tenendo sempre la pressione ad 1 atm, avremo vapore surriscaldato, con un surriscaldamento di 20°C, cioè 20°C sopra la temperatura di evaporazione a quella pressione. Ad altre temperatura e pressioni, questi fenomeni si verificano anche nel sottosuolo, che un autore, parecchi anni fa, ha chiamato “la pentola della natura”.
Un’altra suddivisione dei sistemi geotermici è basata sullo stato di equilibrio del serbatoio (Nicholson, 1993), che tiene conto della circolazione dei fluidi e dello scambio termico nel serbatoio. Nei sistemi dinamici  l’acqua ricarica in continuazione il serbatoio, si riscalda ed è poi scaricata alla superficie o nel sottosuolo stesso  nelle formazioni rocciose permeabili all’intorno. Il calore è acquisito dal sistema per conduzione e per effetto della circolazione dei fluidi. Questa categoria comprende sistemi ad alta temperatura (›150°C) e a bassa temperatura (‹150°C). Nei sistemi statici la ricarica del serbatoio è molto ridotta o nulla e lo scambio termico avviene soltanto per conduzione. Questa categoria comprende sistemi a bassa temperatura e i sistemi geopressurizzati. I sistemi geopressurizzati possono formarsi nei grandi bacini sedimentari (per esempio, il Golfo del Messico) a profondità di 3–7 km. I serbatoi geopressurizati sono formati da rocce sedimentarie permeabili, inglobate entro strati impermeabili a bassa conduttività, contenenti acqua calda pressurizzata, che è rimasta intrappolata al momento della deposizione dei sedimenti. La pressione dell’acqua calda è vicina alla pressione litostatica, superando largamente la pressione idrostatica. I serbatoi geopressurizzati possono contenere anche quantità significative di metano. I sistemi geopressurizzati potrebbero produrre energia termica e idraulica (acqua calda in pressione) e gas metano. Questa risorsa è stata studia in modo approfondito, ma, sino ad oggi, non è seguito uno sfruttamento industriale.
Il termine campo geotermico è usato comunemente per indicare un’area comprendente uno o più sistemi geotermici, che siano, o no, in sfruttamento.
L’energia geotermica è generalmente definita rinnovabile e sostenibile. Il termine rinnovabile si riferisce ad una proprietà della sorgente di energia, mentre il termine sostenibile descrive come la risorsa è utilizzata.
La ricarica di energia è il fattore critico della rinnovabilità di una fonte energetica. Quando si sfrutta un sistema geotermico naturale, la ricarica energetica avviene attraverso l’apporto al sistema di fluidi caldi contemporaneamente (ed in tempi paragonabili) allo sfruttamento. Questo permette di classificare l’energia geotermica come risorsa energetica rinnovabile. Nel caso delle rocce calde secche e di certi acquiferi caldi in bacini sedimentari, la ricarica energetica avviene solo per conduzione termica; a causa della lentezza di questo fenomeno, le rocce calde secche ed alcuni serbatoi sedimentari dovrebbero essere considerati risorse energetiche limitate (Stefansson, 2000).
La sostenibilità dell’utilizzazione di una risorsa dipende dalla sua quantità iniziale, dalla velocità con cui si rigenera e dalla velocità con cui si consuma. Ovviamente, l’utilizzazione può essere sostenuta per tutto il tempo che si vuole, purché la risorsa si rigeneri ad una velocità maggiore di quanto non venga esaurita. Il termine sviluppo sostenibile è usato dalla Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo per descrivere lo sviluppo che “soddisfa le necessità della presente generazione senza compromettere le necessità delle generazioni future”. In questo quadro, lo sviluppo sostenibile non richiede che tutte le risorse energetiche debbano essere usate in modo completamente sostenibile, ma, più semplicemente, che ad una data risorsa, che si esaurisce, se ne possa sostituire un’altra in grado di far fronte alle necessità delle generazioni future. Ne segue che un particolare campo geotermico non deve necessariamente essere sfruttato in modo sostenibile. I programmi per realizzare la sostenibilità dell’energia geotermica dovrebbero tendere a raggiungere, e poi sostenere, un certo livello di produzione, a livello nazionale o regionale, sia nel settore elettrico sia in quello dell’uso diretto del calore, per un dato periodo, ad esempio 300 anni, mettendo in produzione nuovi sistemi geotermici, man mano che altri si esauriscono (Wright, 1998).