Utilizzazione delle risorse geotermiche

La produzione di elettricità è la forma di utilizzazione più importante delle risorse geotermiche ad alta temperatura (›150°C). Le risorse a temperatura medio – bassa (‹150°C) sono adatte a molti tipi di impiego. Il classico diagramma di Lindal (Lindal, 1973), che mostra i possibili usi dei fluidi geotermici alle varie temperature (Figura  7), è sempre attuale e richiede soltanto l’aggiunta della generazione di elettricità con cicli binari sopra 85°C. Il limite inferiore di 20°C è oltrepassato solo in casi particolari o con l’uso delle pompe di calore. Il diagramma di Lindal mette in evidenza due aspetti importanti dell’utilizzazione delle risorse geotermiche (Gudmundsson, 1988): (a) con progetti a cascata o combinati è possibile estendere lo sfruttamento delle risorse e (b) la temperatura dei fluidi costituisce il principale fattore limitante la possibile utilizzazione. L’ingegneria degli impianti industriali già esistenti, che utilizzano processi termici, può, in alcuni casi, essere modificata ed adattata ai fluidi geotermici, estendendone le possibili applicazioni.

     Figura 7: Diagramma di Lindal con utilizzazioni dei fluidi geotermici tra 20° e 180°C (Lindal, 1973).

LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

L’energia elettrica è prodotta in impianti convenzionali o a ciclo binario, secondo le caratteristiche delle risorse geotermiche disponibili.
Gli impianti convenzionali richiedono fluidi con una temperatura di almeno 150°C e sono disponibili nel tipo a contropressione (con scarico diretto nell’atmosfera) e a condensazione. Gli impianti a contropressione sono più semplici e meno costosi. Il vapore, direttamente dai pozzi, se questi producono vapore secco, oppure dopo la separazione della parte liquida, se i pozzi producono vapore umido, passa attraverso la turbina e viene poi scaricato nell’atmosfera. Con questo tipo di impianto il consumo di vapore (alla stessa pressione di ingresso) per kilowattora prodotto è circa il doppio di quello di un impianto a condensazione. Gli impianti a contropressione, tuttavia, sono molto utili come impianti pilota, come impianti temporanei collegati a pozzi isolati di portata modesta, e per produrre elettricità da pozzi sperimentali durante lo sviluppo di un campo geotermico. Essi sono utilizzati anche quando il vapore ha un contenuto elevato di gas incondensabili (›12% in peso). Le unità a contropressione possono essere costruite ed installate molto rapidamente e messe in servizio 13–14 mesi dopo la data dell’ordine o poco più. Questi impianti sono generalmente di piccole dimensioni (2,5–5 MWe).
Le unità a condensazione, che richiedono più impiantistica ausiliaria, sono più complesse di quelle a contropressione e, anche per le loro maggiori dimensioni, è necessario un tempo almeno doppio per la loro costruzione ed installazione. Il consumo specifico delle unità a condensazione è, tuttavia, circa la metà di quelle a contropressione. Attualmente sono molto diffusi impianti a condensazione della potenza di 55–60 MWe, ma recentemente sono state costruite ed installate anche unità da 110 MWe.
I notevoli progressi, realizzati negli ultimi decenni, nella tecnologia dei cicli binari hanno reso possibile produrre elettricità, sfruttando fluidi geotermici a temperatura medio-bassa ed acque calde di scarico emesse dai separatori nei campi geotermici ad acqua dominante. Gli impianti binari utilizzano un fluido secondario di lavoro, di solito un fluido organico, che ha un basso punto di ebollizione ed un’elevata pressione di vapore a bassa temperatura rispetto al vapore acqueo. Il fluido secondario segue un ciclo Rankine convenzionale: il fluido geotermico cede calore al fluido secondario attraverso uno scambiatore di calore, nel quale questo fluido si riscalda e poi vaporizza; il vapore prodotto aziona una normale turbina a flusso assiale collegata ad un generatore, viene poi raffreddato, passando allo stato liquido, ed il ciclo comincia di nuovo.

Scegliendo opportunamente il fluido secondario, è possibile costruire impianti binari, che sfruttano fluidi geotermici con temperature comprese tra 85° e 175°C. Il limite superiore è imposto dalla stabilità termica dei fluidi organici di lavoro, il limite inferiore da fattori tecnico-economici: sotto questa temperatura, gli scambiatori di calore dovrebbero avere una dimensione talmente grande da rendere il progetto non economico. Gli impianti binari operano in circuiti chiusi: né i fluidi di lavoro, né i fluidi geotermici vengono a contatto con l’esterno, con ovvi vantaggi per l’ambiente.
Gli impianti binari sono di solito costruiti in unità modulari di potenza compresa tra poche centinaia di kWe ed alcuni MWe. Queste unità possono essere collegate l’una con l’altra in modo da formare impianti della potenza di qualche diecina di megawatt. Il loro costo dipende da numerosi fattori, ma soprattutto dalla temperatura del fluido geotermico disponibile, che determina le dimensioni della turbina, degli scambiatori di calore e del sistema di raffreddamento. La dimensione totale dell’impianto influisce poco sul costo specifico, dato che più unità modulari standard sono collegate in serie per avere la potenza desiderata.
La tecnologia degli impianti binari è stata largamente sperimentata e questi impianti hanno dimostrato di essere un mezzo economico e tecnicamente affidabile per trasformare in elettricità l’energia contenuta nei campi geotermici ad acqua dominante (ORMAT, 1989). Recentemente, è stato sviluppato un nuovo sistema a ciclo binario, il Kalina, che prende il nome dal suo progettista. Il ciclo Kalina usa una miscela ammoniaca–acqua come fluido di lavoro, e sfrutta un sistema di recupero del calore. La miscela ammoniaca–acqua ha un basso punto di ebollizione, così che il calore in eccesso proveniente dallo scarico della turbina può essere utilizzato per vaporizzare una parte consistente del fluido di lavoro. E’ stato stimato che questi impianti possano avere un rendimento superiore del 40% a quello degli impianti binari convenzionali.
I piccoli impianti mobili, convenzionali o binari, non soltanto possono ridurre il rischio derivante dalla perforazione di nuovi pozzi, ma, cosa ancor più importante, possono contribuire a soddisfare le necessità energetiche di aree isolate. Lo standard di vita di molte comunità può essere apprezzabilmente migliorato, mettendo a loro disposizione una fonte di energia locale. Molte attività, apparentemente banali, ma molto importanti, possono essere agevolate dalla disponibilità di energia elettrica, come il pompaggio di acqua d’irrigazione, la refrigerazione di commestibili per la conservazione, ecc.
La convenienza economica dei piccoli impianti mobili è soprattutto evidente nelle aree che non hanno facile accesso ai combustibili convenzionali, e nel caso delle comunità che sarebbe troppo costoso connettere alla rete elettrica nazionale, anche in presenza di linee di trasmissione ad alta tensione nelle vicinanze. Le spese di allacciamento sarebbero, infatti, proibitive: i trasformatori necessari per derivare la corrente dalle linee ad alta tensione costano, installati, più di 675.000 US $ ognuno, e la più semplice linea di distribuzione elettrica locale, a 11 kV con pali di legno, costa un minimo di 20.000 US$ per chilometro (costi aggiornati al 1944) (Aumento e Antonelli, 1985). Per fare un paragone, il costo di un’unità binaria, installata, escludendo il costo dei pozzi, è oggi dell’ordine di1600-1700 US $/kW. La potenza elettrica richiesta, per persona, va da 0,2 kW, nelle aree meno sviluppate, a 1,0 kW nelle aree più sviluppate. Un impianto da 1000 kWe potrebbe fornire energia elettrica a 1000 – 5000 persone (Entingh et al., 1994).

 UTILIZZAZIONE DIRETTA DEL CALORE

 L’utilizzazione diretta del calore è la forma di sfruttamento dell’energia geotermica più antica, più diversificata e versatile e più comune. Il riscaldamento urbano e di ambienti, gli usi agricoli, l’acquacoltura e gli impieghi industriali sono le utilizzazioni meglio conosciute e più diffuse, ma ve ne sono numerose altre già in uso o in fase avanzata di programmazione.
Il riscaldamento di ambienti e quello urbano hanno avuto un grande sviluppo in Islanda, dove sono operativi (1999) sistemi di riscaldamento geotermico per una potenza di 1200 MWt, ma questa forma d’uso è molto diffusa anche in Europa Orientale, negli Stati Uniti, in Cina, Giappone, Francia, ecc.


Figura 8: Schema semplificato del sistema di riscaldamento geotermico di un complesso di edifici a Reykjavik, Islanda (da Gudmundsson, 1988).

  Il riscaldamento geotermico di quartieri abitativi richiede un investimento di capitali ingenti. I costi maggiori sono quelli iniziali per i pozzi di produzione e di reiniezione, i costi delle pompe in pozzo e di distribuzione, delle condutture e della rete di distribuzione, delle strumentazioni di sorveglianza e di controllo, degli impianti integrativi per i periodi di punta e dei serbatoi polmone. In confronto ai sistemi convenzionali, però, i costi operativi sono più bassi e derivano dall’energia per il pompaggio, dalla manutenzione, dal sistema di controllo e dalla direzione tecnica e commerciale. Un fattore critico nel valutare il costo di un sistema di riscaldamento geotermico è la densità del carico termico, cioè la domanda di calore divisa per la superficie dell’area servita dal sistema. Un’elevata densità del carico termico favorisce la fattibilità economica di un progetto di riscaldamento, perché la rete di distribuzione è costosa. In regioni dove il clima lo permette, si possono avere vantaggi economici combinando i sistemi di riscaldamento e raffreddamento degli ambienti. Il fattore di carico di un sistema combinato riscaldamento/raffreddamento è più alto del fattore di carico di un sistema di solo riscaldamento e, di conseguenza, il prezzo unitario dell’energia diminuisce (Gudmundsson, 1988).
Il raffreddamento di ambienti è realizzabile quando impianti ad assorbimento possono essere adattati al funzionamento con i fluidi geotermici disponibili. Questi impianti dispongono di una tecnologia ben conosciuta e sono reperibili sul mercato senza difficoltà. Essi funzionano seguendo un ciclo che utilizza il calore invece dell’elettricità come sorgente di energia. Il raffreddamento è ottenuto utilizzando due fluidi: un refrigerante, che circola, evapora (assorbendo calore) e condensa (cedendo calore), e un fluido secondario o assorbente. Per usi sopra 0°C (soprattutto condizionamento di ambienti e processi industriali), il ciclo usa bromuro di litio come assorbente ed acqua come refrigerante. Per usi sotto 0°C, si adotta un ciclo ammoniaca/acqua, con l’ammoniaca come refrigerante e l’acqua come assorbente. I fluidi geotermici possono fornire l’energia termica necessaria al funzionamento di questi impianti, il cui rendimento, però, diminuisce con temperature dei fluidi sotto 105°C.
Il condizionamento di ambienti (riscaldamento e raffreddamento) con l’energia geotermica si è diffuso notevolmente a partire dagli anni ’80, a seguito dell’introduzione nel mercato e della diffusione delle pompe di calore. I diversi sistemi di pompe di calore disponibili permettono di estrarre ed utilizzare economicamente il calore contenuto in corpi a bassa temperatura, come terreno, acquiferi poco profondi, masse d’acqua superficiali, ecc. (per qualche esempio, vedere la Figura 9). Come è noto ad ogni ingegnere, le pompe di calore sono macchine che spostano il calore in direzione opposta a quella in cui tenderebbe a dirigersi naturalmente, cioè da uno spazio o corpo più freddo verso uno più caldo. In realtà, una pompa di calore non è niente di più di un condizionatore (Rafferty, 1997). Tutti gli apparecchi refrigeranti (condizionatori d’aria, frigoriferi, freezers, ecc.) estraggono calore da uno spazio (per mantenerlo freddo) e lo scaricano in un altro spazio più caldo. L’unica differenza tra una pompa di calore e un’unità refrigerante sta nell’effetto desiderato, il raffreddamento per l’unità refrigerante, ed il riscaldamento per la pompa di calore. Molte pompe di calore sono reversibili ed il loro funzionamento può essere invertito, potendo operare alternativamente come unità riscaldanti o raffreddanti. Le pompe di calore richiedono energia elettrica per funzionare, ma, in condizioni climatiche adatte e con un buon progetto, il bilancio energetico è positivo. Impianti con pompe di calore collegate al terreno o a masse d’acqua sono state installate in gran numero negli Stati Uniti, in Svizzera ed in Germania. Per realizzare questi sistemi sono stati utilizzati terreni e masse idriche con temperature tra 5° e 30°C (Lund, 1996).

                Figura 9: Schemi semplificati di sistemi con pompe di calore.

 Gli usi agricoli dei fluidi geotermici comprendono l’agricoltura a cielo aperto ed il riscaldamento di serre. L’acqua calda può essere usata nell’agricoltura a cielo aperto per irrigare e/o riscaldare il suolo. Il maggior problema dell’irrigazione con acqua calda sta nel fatto che, per ottenere una variazione utile della temperatura del suolo, è necessaria una quantità talmente grande di acqua, a temperatura sufficientemente bassa da non danneggiare le piante, che il terreno ne può essere allagato. Un possibile modo per aggirare questo inconveniente consiste nell’adottare un sistema di irrigazione subsuperficiale accoppiato con un sistema di tubi riscaldanti inseriti nel terreno. Riscaldare il suolo con tubi sepolti, senza un sistema di irrigazione parallelo, potrebbe ridurre la conducibilità del terreno, a causa della diminuzione di umidità intorno ai tubi, e dare origine ad un isolamento termico. La miglior soluzione sembra quindi quella di combinare il riscaldamento del suolo e l’irrigazione. La composizione chimica delle acque geotermiche usate per l’irrigazione deve essere sempre controllata attentamente per evitare effetti dannosi sulle piante. Nell’agricoltura a cielo aperto, il controllo della temperatura può consentire: (a) di prevenire i danni derivanti dalle basse temperature ambientali, (b) di estendere la stagione di coltivazione, di aumentare la crescita delle piante ed incrementare la produzione, e (c) di sterilizzare il terreno (Barbier e Fanelli, 1977).
L’utilizzazione più comune dell’energia geotermica in agricoltura è, comunque, ilriscaldamento di serre, che è stato sviluppato su larga scala in molti paesi. La coltivazione di verdure e fiori fuori stagione o in climi non propri può essere realizzata avendo a disposizione una vasta gamma di tecnologie. Sono disponibili molte soluzioni per avere ottime condizioni di crescita, basate sulla miglior temperatura di sviluppo di ciascuna pianta (Figura 10), e sulla quantità di luce, sulla concentrazione di CO2 nell’ambiente della serra, sull’umidità del terreno e dell’aria, e sul movimento dell’aria. Le pareti delle serre possono essere fatte di vetro, fibre di vetro, pannelli di plastica rigida, teli di plastica. Le pareti di vetro, rispetto ai pannelli di plastica, sono più trasparenti e lasciano passare molta più luce, ma danno un minor isolamento termico, sono meno resistenti agli urti e sono più pesanti e costosi. Le serre più semplici sono ricoperte da un unico telo di plastica, ma recentemente sono stati adottati in alcune serre due teli di plastica separati da uno strato d’aria. Quest’ultimo sistema riduce la perdita di calore attraverso le pareti del 30-40%, migliorando notevolmente il rendimento complessivo. Il riscaldamento delle serre può essere (a) a circolazione forzata d’aria in scambiatori di calore, (b) a circolazione d’acqua calda in tubi posti sopra o nel terreno, o anche in condotte alettate situate lungo le pareti o sotto i pancali, e (c) con una combinazione di questi sistemi. L’uso dell’energia geotermica per il riscaldamento delle serre può ridurre significativamente i costi operativi, che in alcuni casi rappresentano il 35% del costo dei prodotti (verdure, fiori, piante da appartamento, piantine da sviluppo).

                Figura 10: Curve di accrescimento di alcune verdure (da Beall e Samuels, 1971).

Gli animali da fattoria e le specie acquatiche, come anche i vegetali,possono migliorare in qualità e quantità, se sono cresciuti in ambienti a temperatura controllata (Figura 11). In molti casi le acque geotermiche possono essere sfruttate convenientemente combinando l’allevamento di animali con il riscaldamento di serre. L’energia richiesta per riscaldare un impianto di allevamento è circa il 50% di quella necessaria ad una serra della stessa superficie, rendendo possibile la costruzione di un sistema a cascata. L’allevamento a temperatura controllata migliora le condizioni sanitarie degli animali; inoltre, i fluidi caldi possono essere utilizzati per pulire, sterilizzare e deumidificare gli ambienti e per trattare i rifiuti (Barbier e Fanelli, 1977).

Figura 11: Effetti della variazione di temperatura sulla crescita e produzione animale(da Beall e Samuels, 1971).

L’acquacoltura, vale a dire l’allevamento controllato di forme di vita acquatiche, in questi ultimi tempi si è diffuso notevolmente in campo mondiale, a seguito dell’ampliamento del mercato. Il controllo della temperatura di crescita per le specie acquatiche è molto più importante che per le specie terrestri, come si può osservare nella Figura 11, che mostra che l’andamento della curva di crescita per forme acquatiche è molto diverso da quello delle forme terrestri. Mantenendo artificialmente la temperatura ottimale, si possono allevare specie esotiche, aumentare la produzione e anche, in qualche caso, raddoppiare il ciclo riproduttivo. Le specie allevate più comunemente sono carpa, pesce gatto, branzino, tilapia, muggine, anguilla, salmone, storione, gambero, aragosta, gambero d’acqua dolce, granchio, ostrica, e mitilo. L’acquacoltura comprende anche l’allevamento di alligatori e coccodrilli, che potrebbe essere un’industria innovativa e redditizia. Gli esperimenti fatti negli Stati Uniti hanno mostrato che, mantenendo la temperatura dell’allevamento a circa 30°C, un alligatore può raggiungere la lunghezza di 2 m in 3 anni, mentre un individuo cresciuto in condizioni naturali, nello stesso tempo, raggiunge soltanto la lunghezza di 1,2 m. Un’altra forma di acquacoltura è la coltivazione di microalghe ricche di proteine, come la Spirulina, che, nei paesi industrializzati, è venduta ad alto prezzo, come integratore alimentare, tra i prodotti di erboristeria, ma, in paesi del terzo mondo, coltivata in grandi quantità, potrebbe risolvere gravi problemi di carenza alimentare. La temperatura richiesta da molte forme acquatiche è compresa tra 20° e 30°C. Le dimensioni delle installazioni dipendono dalla temperatura dei fluidi geotermici, dalla temperatura richiesta nelle vasche di allevamento e dalle perdite di calore da queste ultime.

Tutto l’intervallo di temperatura dei fluidi geotermici, vapore o acqua, può essere sfruttato in usi industriali, come si vede nel diagramma di Lindal (Figura 7). Le diverse possibili forme di utilizzazione comprendono processi a caldo, evaporazione, essiccamento, distillazione, sterilizzazione, lavaggio, decongelamento, ed anche estrazione di idrocarburi.